Un modo diverso per spiegare all’esterno il “Croce Viola way of life“: far parlare direttamente i nostri volontari. Poche parole, raccolte al volo, senza pensarci troppo. E quindi sincere. Ecco il risultato…
“Dopo un po’ di anni – racconta Elio Nizzi – volevo riprendere a fare il volontariato e in un’associazione giovane e dinamica come questa mi sono trovato subito bene. Della Croce Viola mi ha colpito non solo il nome (sono un tifoso della Fiorentina), ma anche la cordialità, la disponibilità, la considerazione dimostrata e la voglia di costruire qualcosa di nuovo”.
“Sono entrato alla Croce Viola – racconta Giovanni Cecchi – dicendo che ero stanco di stare a guardare. In questi mesi di servizio ho visto tante cose: emarginazione, solitudine, dolore. Ho capito che questo è un ambiente nel quale mi trovo davvero a mio agio e spero di poter continuare a dare il mio contributo il più a lungo possibile. E’ un piacere sentirsi così in famiglia”.
“Sono arrivata quando ancora non c’era nemmeno la prima ambulanza – racconta Silvia Gualtieri -. All’inizio, visto che non c’erano servizi sanitari, mi chiamavano anche solo per pulire la stanza. In realtà non ce n’era nemmeno tanto bisogno, ma è stato questo attaccamento che mi ha fatto capire che quest’associazione aveva davvero bisogno di me. E così sono rimasta. E non me ne sono assolutamente pentita”.
“Della Croce Viola – racconta Laura Chelazzi – mi è piaciuto il soprattutto clima. In quest’associazione, infatti, i respira una bella aria e ci si sente parte di qualcosa. E poi mi diverto: è un posto informale senza troppe impalcature”.